Indubbiamente stiamo vivendo un tempo di distanza: distanza fisica, distanza sociale, distanza lavorativa.
Lentamente stiamo riprendendo la vita lavorativa, che per molti è ancora in modalità smart, per altri è fisica, ma con regole molto ferree che incentivano la rotazione e ancora la distanza.
Come si fa in tempi come questi in cui ciascuno, chi più chi meno, ha un senso di estraneità rispetto all’usuale ambiente lavorativo, a ricreare e rafforzare il senso di comunità che fa di un’azienda un organismo unico?
La risposta l’ha data Filippo Poletti nel suo libro “ Tempo di Iop: Intranet of People”, edito dalla casa editrice di Palermo Dario Flaccovio. Il segreto del successo, secondo l’autore, sta nella valorizzazione della comunicazione interna. “Cerchiamo di mettere a fuoco la questione: la comunicazione esterna resta importante quanto quella interna. La prima non sostituisce la seconda e viceversa. Quella interna, tuttavia, è un trampolino di lancio per la prima, perché tanto più le persone sono consapevoli degli obiettivi e degli interessi professionali tanto più la comunicazione rivolta verso l’esterno può contare sull’unione dei collaboratori. Prima di parlare all’esterno, occorre sviluppare il dialogo in “famiglia”.
Il fine della comunicazione interna non è l’inseguimento del consenso, ma l’emersione del senso che lega le azioni quotidiane sul lavoro. Le persone sono il centro dell’azienda e quindi il cuore della comunicazione interna, comunicare con loro significa comprenderli valorizzandone le energie e le potenzialità. “La comunicazione interna non è mai neutra: deve tifare per i collaboratori e per il successo dell’impresa dove operano. L’obiettivo è quello di mettere a fuoco tanti percorsi in divenire, all’interno dei quali esiste la parola inizio, ma non la parola fine: ogni giorno sulla intranet deve essere un buongiorno mai identico a quello precedente.”
L’Intranet è, infatti, la piattaforma che l’autore reputa utilissima per raggiungere gli obiettivi di una buona comunicazione interna. Intranet che deve essere come un portone aperto a tutti i professionisti che operano in azienda, che non deve essere vista solo unicamente in termini strutturali e funzionali, ma come uno stimolo per tutti “ad alzare lo sguardo dal proprio raggio d’azione e mettere a fattor comune la conoscenza e la voglia di fare bene”.
Benvenuti, quindi, nel quasi post Coronavirus, auguriamoci solo che ci veda più uniti rispetto al passato.