Digitalizzazione, cambio di visione strategica,
modernizzazione del mondo del lavoro,
Umanesimo digitale, di questo e di altro ancora abbiamo parlato con Gianni Simonato, Mentore di Imprenditori e Manager.
Rispondendo alle nostre domande ci ha fatto luce su un futuro, che ci auguriamo non lontano, di novello Rinascimento.
Come sei arrivato a fare la tua professione?
Sono arrivato ad essere Mentore di Imprenditori e Manager maturando una serie di puntini, come direbbe Steve Jobs, guardando indietro questi puntini sono le varie esperienze lavorative. La più significativa è stata sicuramente l’aver portato nel mondo il vino più antico della storia, nato 8.000 anni fa in Georgia. Nel 2008 la Russia aveva messo l’embargo alla Georgia, e l’azienda per cui lavoravo, Badagoni Ltd, non riusciva più a venderne neanche un goccio, si sono rivolti a me e io ho gestito il progetto per tre anni. Oggi fa più di tre milioni di bottiglie e, da un solo cliente che avevano prima (la Russia), adesso vendono in tutto il mondo dagli Stati Uniti al Giappone. Questo avveniva dodici anni fa, all’epoca per lo sviluppo commerciale si utilizzavano le liste Clienti e si organizzavano le fiere, facevamo Il Prowein in Germania, il Vinitaly in Italia. Questo mi ha portato a pensare in quale modo con il lockdown, si possano sostituire le fiere che non si fanno, le visite che difficilmente si ottengono e come si può andare in giro per il mondo a trovare possibili clienti che si ha difficoltà ad incontrare, da qui l’dea dell’utilizzo di tutti i moderni sistemi, in particolare i social network professionali (come LinkedIn). Per cui sono arrivato alla mia attività attuale da quell’esperienza e da altre ancora che ho fatto portando l’eccellenza del Made in italy nel mondo. Lavorando nelle crisi impari tante cose: prima di tutto che le crisi succedono e quindi decidi cosa fare e come farlo, ti alleni e se stai bene attento ti accorgi che i momenti di successo sono contornati da momenti in cui le cose non vanno tanto bene. Ho concentrato tutte queste esperienze e quando sono venuto a Lugano, qualche anno, fa ho deciso di mettere a disposizione delle aziende la mia esperienza. La mia missione è quella di ispirare Manager Imprenditori e Professionisti a creare relazioni di valore con i loro clienti . Nel 2007 sono diventato Bronze partner di LinkedIn, l’unico che c’è qui in Ticino abilitato a gestire le licenze di Sales Navigator versione Enterprise, utili soprattutto alle piccole e medie imprese per gestire al meglio le relazioni con i loro clienti. Oggi siamo nel mondo phygital: un’ ibridazione fra fisico e digitale.
Cos’è che ti ha spinto personalmente verso la tua professione, verso questo nuovo metodo, che tu hai trovato ed escogitato?
Ci sono delle cose che senti forti nella vita: a me piace quando le persone riescono ad avere successo, riescono a relazionarsi in maniera efficace, in poche parole la creazione di valore nella relazione commerciale, nella comunicazione sia interna che esterna. Lavoro molto anche con la comunicazione interna delle imprese, su come ottenere collaborazione tra tutti coloro che lavorano all’interno dell’azienda stessa. Lavoro sul nuovo concetto di smarketing, cioè mettere insieme sales e marketing, che operano usualmente con criteri diversi, perché se mettiamo il cliente al centro possiamo, realmente, creare relazioni di valore, facendo interagire vendite e marketing verso il comune obiettivo: il Cliente.
Questa pandemia che ci ha travolto ha cambiato, ovviamente, il modo di lavorare. Come vedi la digitalizzazione in Italia, ti sembra che le aziende italiane stiano andando nel verso giusto? Stiamo veramente aumentando la digitalizzazione o è ancora tutto improvvisato?
Di solito sono molto possibilista, molto ottimista in questo caso però non posso che dare una valutazione molto negativa della situazione! La digitalizzazione di per sé è un’abilitazione di tecnologia quindi molto semplice da attivare. Ma la sua implementazione richiede un cambio nei modi di operare delle persone. Ma questo cambiamento deve avvenire in primo luogo dall’alto, dai Manager.
È un problema di dirigenza, abbiamo amministratori delegati che dicono “noi facciamo viti cosa ci serve la digitalizzazione?”. Questo è il vero problema, quindi se non c’è un ricambio o un cambio di pensiero dal punto di vista strategico la digitalizzazione vera non parte. Questa, però, è una questione che coinvolge anche altri aspetti: innanzitutto penso alle istituzioni che ti danno sempre la pillola di tecnologia, ma non ti dicono a cosa ti serve, alla scuola, al grado di cultura generale, ma anche alla difficoltà che facciamo a staccarci dal vecchio mondo. Bisogna avere maggior visione strategica, considerare la tecnologia come un “fattore abilitante” Quello che farà la differenza sarà come riusciamo a far cambiare il modo di lavorare delle persone. È qui il vero snodo, fino a quando non cambia questo , la tecnologia non serve a molto. Il modello fordista taylorista con la divisione del lavoro ,i compiti assegnati dall’alto, le gerarchie è ancora duro a morire, è ancora molto presente nelle aziende. Oggi, in un mondo che cambia così velocemente , c’è bisogno di riportare “l’uomo al centro”, ma chiaramente questo presuppone cambio di gerarchie cambio di funzioni , un nuovo modo di organizzare i processi e allora, siamo anche un po’ maliziosi, quanti della vecchia guardia hanno paura di questo? Tanti e questo è il vero problema. È tempo di un nuovo Umanesimo – Umanesimo digitale appunto – dobbiamo, però, uscire dal vecchio Medio-Evo. Forse ci siamo ancora dentro e non so per quanto tempo ancora, ma è questo che sta limitando la possibilità di una ripresa molto rapida. Non c’entrano le tecnologie, c’entrano i nuovi modi di pensare. Ecco, la sintesi del mio lavoro è ispirare i Manager ad adottare nuovi modi di pensare
Che consigli daresti oggi ai giovani che si affacciano al mondo del lavoro?
I giovani prima di affacciarsi al mondo del lavoro si devono trovare qualcuno con cui lavorare, devono avere un mentore, una persona di riferimento, qualcuno che li aiuti a muovere i primi passi. Non devono preoccuparsi del lavoro, perché fare un lavoro fine a sé stesso non consentirà lo sviluppo di un percorso personale, una direzione personale. Dobbiamo tornare a metodi socratici, o a tempi più recenti al Rinascimento dove l’allievo andava a imparare dal maestro di bottega. Non è imparare un lavoro qualunque che ti assicura il futuro, quanto piuttosto trovare un mentore con cui fare un percorso lavorativo, che conosca le tue potenzialità e ti aiuti ad estrarre il meglio di te. Siamo tutti straordinariamente unici, ma dentro di noi ci conosciamo poco e talvolta abbiamo poca fiducia in noi stessi.