Parliamo di risparmio e di gestione del denaro
con Giovanna Paladino, donna straordinaria,
e Direttrice del Museo del Risparmio di Torino e
Responsabile Segreteria Tecnica
del Presidente di Intesa San Paolo
Qual è il tuo percorso professionale, come sei diventata Direttrice del Museo del Risparmio?
Direi per caso, come molte cose della vita. Non nasco come economista, avrei voluto fare la neurobiologa, ma il percorso di studi era troppo lungo per le possibilità della mia famiglia, così ho deciso di fare qualcosa che mi consentisse rapidamente di lavorare e raggiungere l’indipendenza economica, che per me è sempre stata una cosa importante. Non sono una persona avara, che vuole accumulare soldi, ma voglio essere indipendente, cioè libera. Ho fatto economia, con grande disappunto di tutti i professori del liceo! All’inizio pensavo che fosse un sacrificio, poi ho trovato che l’economia è, comunque, appassionante per le persone che sono un minimo curiose perché in realtà è molto di più di un semplice calcolo matematico, non è ragioneria. L’economia è più simile alla filosofia, è un modo di interpretare la realtà, di capirne i complessi meccanismi. Ho fatto un percorso di economista all’interno dell’ufficio studi di diverse Banche, ho anche insegnato alla LUISS per diversi anni. Poi sono stata ha contattata per mettere in piedi il Museo del Risparmio. All’inizio ero un po’ titubante, poi ho capito che la sfida di fare un Museo dedicato l’educazione finanziaria in cui l’interattività e la didattica son fondamentali mi attraeva. Mi sono spostata da Roma a Torino, ho curato la realizzazione e i contenuti del Museo, poi mi è stato chiesto di esserne il Direttore e di continuare a curarne i contenuti.
Come funziona questo museo?
Il Museo, in realtà è un Work in progress, un laboratorio di idee, di iniziative, di attività che si basano sulla capacità di insegnare divertendo, È multimediale, con video e videogiochi, laboratori per i bambini ed eventi per gli adulti. Si può visitare anche virtualmente attraverso un link, e questo ci ha permesso di farlo visitare anche durante il lock-down . Recentemente si è arricchito di una collezione privata di 1700 salvadanai provenienti da circa 30 paesi. Nel Museo cerchiamo di convogliare il messaggio: che si risparmia in funzione di un progetto, non in funzione delle paure. Il risparmio sicuramente ci dà un po’ di conforto , quando abbiamo paura del futuro, ma non può essere l’unica ragione, dobbiamo avere progetti. Dobbiamo usare i soldi nella maniera giusta, non farli uscire dal circuito e metterli sotto il materasso, ma reimmetterli all’interno del circolo virtuoso dell’economia che crea ricchezza e crescita.
Hai fatto questo bellissimo progetto “Prometto di prendermi cura di me” dedicato alle donne che non si prendono in carico la gestione economica della propria vita. Mi racconti com’è nato questo progetto e perché è nato?
È nato circa cinque anni fa. Ci siamo resi conto che le donne hanno un gap in termini di conoscenze finanziarie. Quando si fanno i vari sondaggi, le donne hanno sempre una performance peggiore degli uomini, questo è valido in tutti i Paesi del mondo, ma ancor di più in Italia. Le ragioni sono tante e in parte dovute alla mancanza di autostima, per cui le donne rispondono, alle domande dei questionari, “non so” – se c’è come opzione- molto più frequentemente degli uomini che, anche se non sanno, ne trovano una. Un’altra ragione è il problema culturale che nasce dall’età infantile. Abbiamo visto che c’è una maggiore responsabilizzazione nella gestione delle piccole somme, compresa la paghetta, verso i bambini e meno verso le bambine. La bambina è trattata come una principessa, quello che vuole le dai, mentre il maschio deve imparare a gestirsi. Questo comportamento crea evidentemente un gap anche da adulti e porta le donne ad essere molto più prudenti degli uomini. Questa prudenza potrebbe essere considerata una virtù, ma nella realtà non è così perché la prudenza, quando è eccessiva, significa non cogliere delle opportunità. Il condizionamento arriva dalla famiglia che pensa la bambina fragile. Le donne non sono fragili.
In questo momento le donne stanno attraversando, credo, un momento moto complesso a causa del COVID Quelle che lavorano in smart working hanno triplicato l’impegno fra casa e lavoro, quelle che non lavorano è perché lo hanno lasciato o lo stanno lasciando per dedicarsi di più alla famiglia. Tu dal tuo osservatorio che cosa vedi in questa direzione?
Abbiamo appena pubblicato un’indagine che riguarda le capacità di resistenza e di reazione degli italiani. È un’indagine su un campione di 2000 persone che rappresentano la popolazione italiana, la metà del campione sono donne. Questo sondaggio mi ha consentito di recuperare alcune informazioni sul comportamento delle donne, su come si rapportano al mondo del lavoro, al lavoro di casalinghe, e su chi decide all’interno della famiglia. Il risultato è molto interessante. In Italia lavora solo il 50% della forza lavoro femminile, il 10% è disoccupata, il restante 40% non è sul mercato del lavoro e fa la casalinga. Alle casalinghe abbiamo chiesto se lo erano a causa del COVID e solo il 4.7% ha risposto che avevano perso il lavoro, quindi non sono percentuali enormi. Abbiamo, inoltre, cercato di capire perché le donne sono casalinghe, la maggioranza ci ha detto che è una scelta assolutamente libera e il 45% ha affermato che, se anche hanno bisogno di lavorare dopo il COVID, loro non hanno intenzione di entrare sul mercato del lavoro. Questo ci evidenzia che per le donne l’indipendenza economica non è una priorità, significa che hanno accettato un ruolo di dipendenza dai propri partner. Nella maggior parte dei casi le donne, qualsiasi sia il livello di istruzione, non ne vogliono sapere dei soldi e delegano le scelte economiche ai partner e lo fanno volontariamente. Ma il lavoro, a mio parere, non è solo un diritto è un dovere verso la società
Che consiglio vuoi dare alle donne?
Un consiglio bello chiaro: delegate la cura di casa, pavimenti, piatti, di tutto quello che vi pare, ma prendete in mano la cura dei soldi anche condividendola con il partner. Abbiate la forza di prendere in gestione almeno una parte del vostro budget familiare ,e non solo le spese del supermercato. Da un’altra indagine è risultato che la divisione dei compiti in casa avviene così: Il 70% delle donne si occupano di casa ,figli, anziani malati; gli uomini di riparazioni, commissioni fuori casa, banca e decisioni di investimento. E alla domanda “qual è la ragione di questa ripartizione” Le tre principali risposte sono state: “non c’è una ragione”; “è una ripartizione naturale”; “abbiamo fatto quello che ci veniva meglio”. Questo significa che il 70% delle donne italiane pensa che va bene così. C’ è un problema di autoconsapevolezza che viene prima del welfare.